lunedì 29 gennaio 2018

Dopo - Laurent Moreau

Oggi. Oggi è una giornata così.


Ieri. Ieri ho partecipato a un corso di biblioterapia con Marco dalla Valle, di Biblioterapia italiana. Un corso che noi di LIA abbiamo tanto voluto e che ci ha portato ad avvicinarsi a tanti libri e un modo di "cura" attraverso la lettura. Mi è piaciuto molto. E abbiamo parlato di temi difficili. Come la morte. 

La morte è uno di quei temi che ho sempre voluto portare agli incontri LIA ma non era mai il momento giusto. E non lo abbiamo mai affrontato, alla fine. Ma è un tema necessario. 


Oggi sono stata tagata in vari gruppi per dare consigli di libri per bambini su questo tema. Purtroppo per lutti appena successi, anche gravi. Inoltre, dalla Spagna, mi è arrivata la notizia della morte di mio cugino. Non lo vedevo da moltissimi anni ma il suo sorriso illuminava il mondo. Io lo ricordo così! Dolce e buono, tanto buono che il suo cuore alla fine non ce l'ha fatta. 


Torniamo quindi a questo OGGI. Una giornata di nebbia intensa. Di pensieri intensi. Pensieri che mi hanno portata a prendere questo libro in mano. Un libro importante,bello, necessario. Che in poche parole ti fa vedere la vita... e la morte. 


"Dopo quest'attimo non ci sarà più quest'attimo." 


Un libro che vi invito a leggere con i vostri bambini. In esso trovate la morte. Con l'illustrazione di un uccellino morto. "Dopo la morte mi spaventa l'idea che non ci sia niente dopo la morte".  Trovate l'attesa. Il pianto. La rabbia. Il silenzio. Un libro che chiude con 


"Dopo tutto be', si vedrà... Prima di dopo c'è adesso!" 


Vi invito a leggerlo oggi, domani. Prima che la vita vi costringa ad affrontare un lutto. Perché quando mi (ci) chiedete un libro per affrontare il lutto, beh... è tardi. Nel momento della profonda tristezza che ci avvolge quando vediamo la morte vicina a noi non possiamo leggere ai bambini libri con questa tematica. Perché sarebbe troppo. Ma possiamo preparare loro ad affrontarla. Sempre con la speranza nel futuro, perché la vita, nonostante tutto il dolore, continua. Ed è bella!  E bisogna viverla davvero, ogni giorno. 




Dopo
Laurent Moreau
Orecchio Acerbo Editore

sabato 20 gennaio 2018

Mi manca la colla, me la presti? No, è mia!

Seduta psicologica oggi.
Ne sento proprio il bisogno.
Questo spazio era nato per parlare di me e della mia famiglia. Per parlare alla mia famiglia. Per lasciare ai miei bimbi un ricordo della loro crescita insieme a me. Poi i libri hanno presso il sopravento e parlare di voi e di me è sempre più raro.

Ieri però è successa una cosa che mi ha fatto pensare a quanto parlare, comunicare e condividere possa essere fondamentale. E oggi sono qui di nuovo per raccontarmi e raccontarvi. Per lasciare una traccia delle cose che succedono ogni giorno. Per non dimenticare.

Un progetto per "Stare bene insieme" da dove comincia? Per me dal dialogo, dal conoscere le persone intorno a me. I loro nomi. Le loro canzoni preferite. Il loro cartone del cuore. Il loro libro. La loro famiglia. Ma a scuola, stare bene è possibile?

I primi giorni di scuola di Lucia, mi ricordo, non sapeva il nome delle sue maestre. Erano la maestra del quaderno rosso e la maestra del quaderno verde. Non le conoscevo nemmeno io. E mi sono trovata in difficoltà. Poi abbiamo superato questo passaggio e non mi sono posta molte domande, sono sincera.

Ma ora Andrea è arrivato in prima, anche lui. E io di strada ne ho fatta. E di libri ne ho letti. E di scuola... beh, ne so. E mi chiedo come mai sia successo anche a lui di non conoscere il nome delle maestre. Stavolta ero pronta. Alla prima riunione mi ero segnata ogni nome di ogni materia. E quindi a casa ripetevo il loro nomi spesso. Non so se a scuola la maestra si presentava ogni giorno ma credo non fosse così. Da lettrice che entra in aula una volta al mese, oggi, chiedo ogni volta se ricordano il mio nome e lo ripeto quando la risposta è no.

Ma torniamo a ieri. "Stare bene insieme". Un progetto di scuola. Che insegna ai bambini a lavorare bene insieme, a creare il gruppo classe. Bellissimo. Condivisione e lavoro di gruppo. Ma, cosa è la condivisione? Condividere il materiale che mettiamo insieme per un progetto, scambiarsi i colori, che sono di tutti, aspettare il proprio turno. Ho fatto presente che, in un momento di lezione, Andrea non aveva la colla e allora aveva chiesto e gli era stato risposto di no. Così, per far capire che secondo me di lavoro come gruppo c'era ancora molto da fare. E invece mi sono sentita rispondere che prestare la propria colla o le proprie forbici non è proprio la stessa cosa. Che il materiale personale il bambino lo doveva avere. Ma allora, che cosa stiamo insegnando ai nostri bimbi? Che si possono condividere solo le cose che sono già di tutti? Evito di dire che, fossi per me, nessuno avrebbe l'astuccio e TUTTO sarebbe di tutti. Mi chiedo, per cosa ho pagato? Un progetto per imparare esattamente cosa? 

Poi, come se questo non bastasse, mi hanno detto che "forse Andrea non ha fiducia nelle maestre". Sì, forse. Ma non è questa l'affermazione da fare. Forse, e solo forse, le maestre non si sono guadagnate la fiducia di mio figlio. Perché la fiducia va guadagnata e non imposta. Perché sono io a decidere di chi fidarmi e di chi no. Nessuno, oltre me, può decidere se una persona è degna della mia fiducia.

Forse, e solo forse, non ci fermiamo mai a vedere il mondo con gli occhi dei bambini. Perché lui non chiede aiuto alla maestra? Forse perché più volte si è sentito dire di no. Forse perché non si sente ascoltato e quindi tant'è che mi attacco le schedine a casa. Perché, ovviamente, se non ho la colla verrò sgridato perché non ho il materiale e così non si può far lezione.

Domani io dedicherò la mia giornata a leggere e a condividere in maniera del tutto gratuita la mia passione. Come faccio spesso, quasi sempre. E penserò a lui, Janusz Korczak, che fu la condivisione in persona, che guadagnò la fiducia di tanti bambini. Una fiducia che lui seppe mantenere fino alla morte. Perché per essa morì




Dite:
è faticoso frequentare i bambini.
Avete ragione.
Poi aggiungete:
perché bisogna mettersi al loro livello,
abbassarsi, inclinarsi, curvarsi,
farsi piccoli.
Ora avete torto.
Non è questo che più stanca.
È piuttosto il fatto di essere 
obbligati ad innalzarsi fino all'altezza
dei loro sentimenti.
Tirarsi, allungarsi,
alzarsi sulla punta dei piedi.
Per non ferirli.
Janusz Korczak – “Quando ridiventerò bambino"